Il mercato delle Smart TV si sta ormai da qualche tempo consolidando intorno alle principali piattaforme disponibili. Parliamo per la precisione di Samsung con Tizen, LG con webOS, Sony, Sharp, Philips, TCL e altri ancora con Android TV / Google TV, Hisense con VIDAA e Panasonic, quella che al momento risulta ancora la più frammentata ma che sembra destinata ad abbracciare Fire TV, il sistema operativo scelto per i suoi OLED 2024.
In questo articolo andremo a confrontare due delle piattaforme più diffuse: webOS e Google TV, l’ultima e più recente evoluzione di Android TV dalla quale si differenzia grazie a un’interfaccia più moderna e ad un’esperienza incentrata fortemente sui contenuti anziché sulle applicazioni.
L’interfaccia grafica gioca un ruolo fondamentale: è infatti l’elemento che permette all’utente di interagire con il sistema operativo. Offrire un pacchetto che risulti reattivo, intuitivo e con funzionalità complete è fondamentale per un televisore moderno. Sono molte le persone che preferiscono un prodotto capace di fare tutto senza aggiungere decoder, lettori o altri dispositivi esterni.
Il primo impatto è simile: sia sui prodotti webOS sia con quelli con Google TV si presentano con una pagina principale a tutto schermo. L’organizzazione interna è invece diversa. Google TV propone subito una serie di contenuti basandosi sulle preferenze del profilo selezionato. Si scorre poi in verticale con varie sezioni che propongono altri suggerimenti suddivisi per varie categorie, tra cui una raccolta delle applicazioni installate.
webOS 23, l’ultima incarnazione del sistema operativo sviluppato da LG, adotta un altro approccio. In alto c’è sempre un’ampia fascia che mostra contenuti sponsorizzati e quelli più importanti. Scorrendo verso il basso troviamo 5 menu che raggruppano applicazioni, ingressi e funzioni in base ad altrettante macro-categorie: Sport, Home Hub, Musica, Videogame e Home Office.
La filosofia si base è comunque sostanzialmente la stessa: in linea di massima i due sistemi operativi cercano di limitare i passaggi necessari per trovare contenuti interessanti. Sui sistemi operativi più datati, e lo si vede in parte anche con Android TV, capita tutt’altro che raramente si scorrere più e più volte verso il basso per passare in rassegna l’offerta dei vari servizi streaming e questo rende l’esperienza più dispersiva e farraginosa.
La fluidità delle piattaforme Smart TV è probabilmente una delle maggiori criticità. Purtroppo è tutt’altro che raro imbattersi in prodotti che non risultano così piacevoli da usare proprio per la poca reattività. Questo è particolarmente vero per i prodotti Android TV e Google TV e il motivo è molto semplice: il sistema operativo è più aperto e deve adattarsi a molte configurazioni diverse.
Come abbiamo visto in apertura sono tanti i marchi che usano la piattaforma Google e questo porta a non poter ottimizzare tutto per cucirlo su misura, basandosi sulle caratteristiche di pochi modelli. Tendenzialmente tutti i modelli di fascia bassa o medio-bassa non offrono una fluidità ottimale. Non è generalmente una questione legata al produttore: è una situazione generalizzata perciò non cambia se si sceglie un TCL C645, un Philips PUS8518 o un Panasonic MX700E, la media è più o meno allineata.
Bisogna quindi chiudere un occhio sulle prestazioni, accettando che qualche scatto, qualche incertezza nell’uso dei menu e altre imperfezioni sono sempre presenti. In fascia media, quella su cui si posiziona ad esempio un Sony X80L, la situazione migliora già ma in generale con Google TV non si può mai dare nulla per scontato. Anche su modelli di fascia alta o altissima non è detto che scorra sempre tutto alla perfezione.
Qualche intoppo si può ad esempio verificare quando vengono introdotti nuovi processori o arriva una “major release” del sistema operativo, cioè un aggiornamento che cambia completamente la versione, passando ad esempio da Android TV 11 alla 12. Sul QD-OLED Sony X95L, che abbiamo premiato come miglior OLED del 2023, qualche limite legato proprio a queste tematiche c’è stato.
Come si comporta invece webOS? La piattaforma si è aperta a produttori terzi solo in tempi relativamente recenti e solo per marchi di secondo piano. Si può più o meno considerarlo un sistema ancora chiuso e più ottimizzato per i televisori LG. In linea di massima è più ottimizzato di Google TV ma questo non significa che sia tutto perfetto. Il passaggio alla nuova interfaccia a tutto schermo, introdotto con webOS 22, ha comportato un rallentamento generalizzato.
Evidentemente tutti gli elementi da caricare in tempo reale, in modo da fornire anteprime e consigli tramite la connessione alla rete, hanno appesantito il sistema e i processori non erano così prestanti da non mostrare qualche incertezza. Non si è nemmeno trattato di un comportamento relegato a singoli modelli: TV di fascia tutt’altro che bassa, come gli OLED e i QNED, ne hanno risentito comunque, seppure in modo più lieve (l’esperienza è complessivamente buona).
Con webOS 23 fortunatamente la situazione è migliorata, grazie a processori aggiornati e alle ottimizzazioni apportate alla Smart TV stessa, che ora carica meno elementi alleggerendo il sistema. Chi ha potuto confrontare un C2 con un OLED C3 o un QNED 2023 con un QNED 2024 lo ha sicuramente notato. Per i prodotti di fascia bassa e medio-bassa le valutazioni sono simili a quelle dei Google TV: qualche ottimizzazione in più non basta per avere una reattività sempre ottimale.
La disponibilità di applicazioni è buona su entrambe le piattaforme. In alcuni casi Android può dare qualche vantaggio mentre in altri gli accordi siglati da LG hanno portato servizi non disponibili sui TV con sistema operativo di Google. Citiamo a titolo di esempio Chrunchyroll, non disponibile su webOS e NOW, arrivato su Android e Google TV solo in tempi recenti.
La reale differenza tra i due sistemi si vede quando si prova a “smanettare”, mettendo mano a personalizzazioni spinte o funzioni e/o applicazioni non esattamente canoniche. Google TV permette di interagire in modalità sviluppatore e rende molto semplice l’installazione di app prelevate da qualsiasi fonte, non solo dallo store ufficiale. Si aprono quindi scenari molto vasti, come i videogiochi con emulatori di vecchie console, giochi moderni e tanto altro ancora.
Da questo punto di vista webOS è sicuramente più limitato. Attenzione però: tanta libertà si porta dietro anche tanti potenziali problemi. Combinare disastri non è impossibile se non si è certi di quello che si sta facendo.
Prima di chiudere vediamo anche il sistema di controllo utilizzato per interagire coi prodotti: il telecomando. Tracciare un profilo standard su Google TV è impossibile: ci sono troppe varianti sia tra un marchio e l’altro sia tra le varie fasce di prezzo. Alcuni modelli sono ottimi, come quelli che accompagnano gli OLED Sony o Philips, altri sono palesemente fatti al risparmio e poco piacevoli da usare, oltre a non disporre nemmeno di un microfono per Google Assistant.
Per webOS c’è invece più uniformità: sono tanti i TV che forniscono in dotazione il Magic Remote, il telecomando con puntatore che negli anni è cambiato più volte ma ha mantenuto sempre la sua identità. Di fatto il Magic Remote è una periferica che non ha eguali sul mercato: nessuno offre la possibilità di muovere un cursore con semplici movimenti del telecomando, senza toccare i tasti.
L’ampia diffusione del Magic Remote non implica però che lo si possa dare per scontato: esistono Smart TV LG con webOS che lo supportano ma solo come accessorio opzionale. Generalmente accade nella fascia più bassa, come sul 32″ LQ63006LA.
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